23 Settembre 1997: quando gli U2 fermarono la guerra

Nell’immagine di testata: soldati sulle tribune dello stadio in attesa dell’inizio del concerto [Kosevo Stadium, Sarajevo – 23 Settembre 1997] | Photo By: ©Kevin Davies

Ancora oggi si dice che la guerra è durata dalla fine delle Olimpiadi invernali al concerto degli U2.”
[Bono]

Bono è un istintivo. Quando nel 1993, in pieno ZooTv, annunciò la volontà di suonare a Sarajevo – con la guerra in corso – la band sussultò. Paul McGuinness, sotto l’insistenza del leader degli U2, provò a valutare la situazione ma era impossibile portare uno spettacolo rock in un paese dilaniato dalla violenza più becera e insanguinato da una pulizia etnica spietata.

Ma si sa, Bono non si arrende facilmente davanti alle difficoltà, ben che meno di fronte alle ingiustizie, soprattutto quando vengono violati i diritti umani. Lo ZooTv Tour non riusciva ad arrivare a Sarajevo? Allora la strada da seguire doveva essere un’altra.

Bono pensò di finanziare un documentario, girato dal giornalista Bill Carter nel 1993, dal titolo emblematico: “Miss Sarajevo”. Il docufilm racconta della resistenza urbana tra le strade di Sarajevo, e per farlo gioca con il contrasto tra la follia della guerra e l’organizzazione di un concorso di bellezza. Quest’ultimo si svolse nel Maggio 1993, in un grande spazio sotterraneo, dove una giuria giudicava la bellezza delle modelle che sfilavano su una passerella – alcune di quest’ultime presentavano numerose cicatrici sul corpo per via dei bombardamenti e degli spari.

La “miss” di quell’anno fu Inela Nogic, all’epoca diciannovenne. Lo slogan che le ragazze portarono sul palco “DON’T LET THEM KILL US” passò alla storia e la Nogic divenne il simbolo della resistenza bosniaca.

Sarajevo - Inela Nogic
Inela Nogic [Sarajevo – 23 Maggio 1993]

Mentre nel sottosuolo la gente cercava di ritagliarsi una piccola oasi di normalità, nelle strade, a pochi metri sopra le loro teste, si sparava e si moriva. La guerra di Sarajevo fu definita la “guerra in corsa” per via dei numerosissimi cecchini appostati ovunque sui palazzi della città. Se si doveva attraversare una strada, o fare un percorso all’aperto, si era costretti a correre per non finire sotto i colpi dei soldati appostati. Bono promise di portare il tour successivo nella capitale bosniaca – nel video sottostante, girato all’epoca dello ZooTv Tour, si può sentire il cantante che dice “Stiamo cercando [un modo] per suonarci” – e insieme agli U2, Brian Eno e Pavarotti – uniti nel gruppo Passengers – incise il brano Miss Sarajevo che accompagnava il lavoro di Bill Carter.

Il brano fu suonato per la prima volta al Parco Novi Sad di Modena, il 12 Settembre 1995, durante la prima edizione del “Pavarotti & Friends”, concerto benefico che vedeva il grande lirico esibirsi insieme alle grandi star mondiali del rock e del pop.

Quella sera gli U2 fecero due meravigliose esibizioni – forse la migliore versione di One mai fatta – e proprio sul finale di Miss Sarajevo, Bono recita dei versi in bosniaco appartenenti al poema “Himna slobodi” di Ivan Gundulić, musicato poi da Jakov Gotovac nel 1927 col titolo “Dubravka”.

Il poema recita:

O liepa, o draga, o slatka slobodo,
dar u kôm sva blaga višnji nam Bog je dô,
uzroče istini od naše sve slave,
uresu jedini od ove Dubrave,
sva srebra, sva zlata, svi ljudcki životi
ne mogu bit plata tvôj čistoj lipoti!

Fiera libertà, cara libertà, libertà dolcemente dichiarata,
tu sei il dono prezioso che Dio ci ha donato,
tutta la nostra gloria è la tua vera creazione,
a casa nostra tu sei tutta la decorazione,
nessun argento né oro, non la vita stessa potrebbe sostituire
il premio della tua pura e sublime grazia!

Nel dicembre 1995 Bono, accompagnato dalla moglie Ali, fece un viaggio nella capitale bosniaca per rendersi conto di persona sino a che punto la distruzione aveva intaccato quel luogo. Fu accolto dall’allora Ministro degli Esteri Mohammed Sacirbey che gettò le basi organizzative aiutando gli U2 a ideare il futuro concerto in città.

Una volta sul posto Bono visitò la città, passò del tempo con i soldati e i bambini per le strade, volle visitare la National Library, una delle biblioteche più belle e prestigiose al mondo che conteneva manoscritti e documenti preziosissimi. Tutto l’edificio fu distrutto e divorato alle fiamme durante la guerra che sconvolse i Balcani dal 1991 al 1995.

Bono visita Sarajevo [Dicembre 1995] | Photo By: ©Roger Hutchings

Nel settembre 1997, dopo quattro lunghi anni dalla promessa fatta durante lo ZooTv Tour, gli U2 riuscirono nell’impresa di portare un concerto rock in un paese ancora sotto stretta sorveglianza militare. Questa è la storia di come una rock-band da Dublino pose fine alla guerra. Questa è la storia di come quattro uomini riuscirono a fare ciò che all’ONU non riuscì sino in fondo: unire uomini, soldati ed etnie in un unico grande inno di pace.

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Edge: “Avendo promesso ai nostri amici di Sarajevo che saremmo tornati, come il generale MacArthur ai filippini, quando fu tempo di decidere le date del Popmart tour insistemmo per suonare a Sarajevo. In realtà, mentre facevamo i nostri programmi la guerra non era ancora finita. C’erano ancora molte tensioni etniche, ma la situazione cominciava a stabilizzarsi. Così inserimmo in calendario il concerto e ci facemmo carico del relativo onere finanziario. Significava trasportare tutte le attrezzature via terra attraverso la Bosnia lacerata dalla guerra. I tecnici, in particolare gli autisti dei camion e dei pullman, furono davvero eroici a far arrivare tutto allo stadio. E quando i primi camion entrarono a Sarajevo, furono accolti da applausi e grida di entusiasmo. Per molti abitanti della città fu quasi una liberazione simbolica, perché fu il primo segnale concreto che era tornata una qualche parvenza di normalità.

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“Guidando tra le strade di Sarajevo” | Photo By: ©Kevin Davies [23 Settembre 1997]

 Larry: “C’erano ovunque centinaia di soldati delle forze di pace della NATO. Lo stadio era vecchio e malconcio. Fummo fatti scendere in un buio bunker di cemento sotterraneo, adibito a nostro camerino. C’era una strana atmosfera. Venimmo a sapere che durante l’assedio lo stadio era stato usato come obitorio. Su entrambi i lati c’erano cimiteri, anche un enorme cimitero per i bambini. Col passare del giorno continuammo a sentire a proposito di quel posto nuove storie che lo rendevano sempre più terrificante. Arrivò l’ora del concerto e salimmo sul palco. Sulla sinistra c’erano centinaia di soldati. Il resto della folla era formata da croati e serbi che, per venire al concerto, avevano viaggiato su treni tornati in servizio per la prima volta dall’inizio della guerra. I fan arrivarono da ogni parte della regione per vederci. Solo un anno prima queste persone si uccidevano a vicenda. Adesso erano qui insieme a un concerto degli U2. Che cosa straordinaria.

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Soldati con il palco del Popmart [Sarajevo – 23 Settembre 1997]

Edge: “Sfortunatamente la mattina del concerto Bono si svegliò senza voce. Non so se fosse laringite o solo stress dei precedenti due mesi di tour. Annullare il concerto era fuori discussione, perciò andammo avanti e devo ammettere che non importò poi molto se il nostro cantante fosse in difficoltà, perché l’intero pubblico cantò ogni canzone. Tutto il concerto fu un enorme coro di massa.

Larry: “Il pubblico dovette cantare al posto di Bono, perciò fu una serata molto emozionante. Finito il concerto, il pubblico non se ne andò. Si girarono tutti a guardare i soldati delle forze di pace e cominciarono ad applaudire. Fu un momento che non dimenticherò mai.

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Larry firma autografi ai soldati al Sarajevo International Airport | Photo By: ©Kevin Davies [Sarajevo – Settembre 1997]

Bono: “Il giorno dopo lessi un articolo di giornale che diceva: ‘Oggi è finito l’assedio di Sarajevo’. Ancora oggi si dice che la guerra è durata dalla fine delle Olimpiadi invernali al concerto degli U2. La cosa divertente fu che, in tutto quello che si è detto sul fatto che siamo riusciti a portare questo enorme spettacolo pop in una città assediata, nessuno di quelli con cui ho parlato ha mai menzionato lo schermo cinematografico da drive-in o la navicella spaziale sferica ricoperta di specchi. Non sono sicuro che noi fossimo una parte dello spettacolo importante come credevamo. Penso lo spettacolo in realtà riguardasse la città di Sarajevo. E alla fine non stavano applaudendo solo noi o i soldati delle forze di pace delle Nazioni Unite: era come se stessero applaudendo loro stessi per essere riusciti a sopravvivere.

Larry: “Tornammo al nostro hotel, l’Holiday Inn, che era stata la base dei reporter durante l’assedio. Era stato cannoneggiato e una parte dell’edificio non c’era più. Nella mia stanza c’erano schegge di mortai conficcate nelle pareti e mancavano pezzi di pavimento. Niente avrebbe potuto prepararmi a questa vista.

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“La vista dalla finestra del mio hotel” | Photo By: ©Kevin Davies [Sarajevo – Settembre 1997]

Edge: “Rimanemmo lì circa un giorno, a girovagare per la città, guardando la devastazione. Trovarci nel luogo che avevamo visto così tante volte in televisione destò in noi una diversa coscienza degli orrori che dovevano essere accaduti durante l’assedio. Si aveva la sensazione che un altro potenziale genocidio fosse stato evitato per un pelo, benché con parecchio ritardo e non senza ingenti perdite umane. Ma Sarajevo era ancora in piedi.

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Gli U2 davanti alle macerie di un palazzo [Sarajevo – Settembre 1997] | Photo By: ©Kevin Davies

Larry: “Feci una passeggiata con l’ambasciatore bosniaco alle Nazioni Unite, Mohammed Sacirbey, che ci aveva aiutati a organizzare il concerto. Mi portò in tutte le zone di cui avevo letto, dove la gente faceva la coda per il pane la mattina presto e veniva colpita dai cecchini nascosti sulle montagne, nei luoghi dove le granate sparate dai razzi erano esplose su una folla di civili. I crateri e i segni delle esplosioni su tutti i marciapiedi erano stati riempiti con cemento rosso sangue, a simboleggiare tutta la morte e la distruzione che questa gente avevano dovuto sopportare. Trovarmi di fronte in modo così chiaro la disumanità dell’uomo nei confronti dei suoi simili, ma al tempo stesso pensare all’eroismo quotidiano e al senso di unità che dovevano esserci voluti per sopravvivere, tutto questo ebbe su di me un impatto incredibile“.

Larry Mullen a Sarajevo [Settembre 1997] | Photo By: ©Kevin Davies

Bono: Sono stato varie volte a Sarajevo. Ho ricevuto la cittadinanza onoraria della Bosnia, cosa che considero forse il più grande onore mai ricevuto in vita mia, per aver dato il mio sostegno alla loro causa durante la guerra. Fui presentato al presidente Izetbegovic, che viveva in un alloggio molto umile all’ultimo piano di un condominio. Fuori dalla porta c’era una bicicletta. Era uno studioso, aveva scritto libri importanti. Un uomo religioso, ma non un fanatico. Ci togliemmo le scarpe, e lui e sua moglie ci fecero accomodare. Regalarono ad Ali una bella sciarpa di seta intessuta d’oro e ci prepararono un tè. Fu un momento molto speciale. Ci parlò dell’assedio, degli atti di eroismo quotidiano e della crudeltà con cui l’esercito invasore sceglieva i suoi obiettivi. Sarajevo ospitava una delle più grandi biblioteche del mondo civile, in cui erano conservati molti manoscritti islamici, cristiani ed ebraici di valore inestimabile. Ci disse, con le lacrime agli occhi, che giorni dopo che era stata bombardata, dal cielo continuavano ancora a cadere parole: sulle teste e nelle mani della gente, nelle carrozzine che le donne spingevano lungo le strade, nelle tazze di tè, davanti alle persone che camminavano per le vie acciottolate, per giorni piovvero parole, pagine di libri rari e pezzi di pergamena non ancora del tutto pietrificata. Fu un racconto molto commovente. In seguito andai a visitare le rovine della biblioteca.

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Bono visita la National Library di Sarajevo [Dicembre 1995] | Photo By: ©Roger Hutchings

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