“Exit” | The Joshua Tree Tour 2017

Il ritorno della “canzone maledetta” in veste live è stato accompagnato da un turbinio di riferimenti che spaziano dalla politica alla letteratura. Exit non veniva eseguita dal 1989, e dopo ben ventotto anni d’assenza torna sui palchi di tutto il mondo con la sua atmosfera cupa, intrisa di tematiche misteriose che vanno a convergere nell’unico personaggio di Bono interpretato durante il The Joshua Tree Tour 2017: Shadow Man.

Il filmato che introduce Exit è una puntata facente parte della serie-tv western americana Trackdown del 1952. Nell’episodio preso in esame — dal titolo già di per sé legato al mondo degli U2, End of the World — si narra di uno straniero molto eccentrico che una volta giunto in città terrorizza i cittadini con deliranti avvertimenti su un’ipotetica tragedia imminente; egli sostiene che sia l’unica persona al mondo in grado di salvare tutti, ma per farlo deve costruire un muro. Se i richiami non fossero già abbastanza evidenti basti sapere che il personaggio si chiama Walter Trump.

Ma c’è un altro elemento che ha catturato la mia attenzione dalla performance di Exit: poco dopo il suddetto filmato, su entrambi i lati del mega-schermo appaiono due mani: la destra ha tatuate sulle dita le lettere della parola L-O-V-E, mentre la sinistra — allo stesso modo — ha il tatuaggio della parola H-A-T-E.

“Le mani che costruiscono possono anche distruggere…” | Photo By: Remy | VIA: U2start.com

In accoppiata con i vestiti di Bono tutto ciò mi ha riportato alla mente un film capolavoro del 1956, La Morte Corre Sul Fiume diretto da Charles Laughton e con attore principale Robert Mitchum. In questa pellicola si racconta la storia di un prete malvagio che sfruttando la sua oratoria spiccata, e l’alta considerazione popolare all’interno della società, approfitta del dolore di giovani vedove per arricchirsi dei loro averi per poi ucciderle.

Il personaggio di Mitchum ha gli stessi tatuaggi sulle mani, L-O-V-E/H-A-T-E, che lui usa per raccontare la parabola del bene contro il male; in realtà essi rappresentano la dicotomia insita in certi uomini al servizio della Chiesa dove l’amore viene alimentato dall’odio, e la Parola di Dio è usata come un’arma acuminata da puntare contro gente inerme. Tutto ciò acquista ancor più significato se l’andiamo ad accostare con il significato di Exit: il brano, come sappiamo, parla di un uomo religioso che sprofonda in uno stato di degrado mentale perdendo completamente la ragione. “Le mani che costruiscono possono anche distruggere”, esattamente come le mani di un prete, o di un politico, o di un qualsiasi uomo mosso da un’ideologia “superiore”.

Il look di Bono, infine, ricorda moltissimo quello utilizzato da Mitchum nel film e, in senso più ampio, ricorda il tipico aspetto dei mormoni — la confessione religiosa fondata da Joseph Smith che diede il nome “Albero di Giosuè” alla pianta del deserto — famosi per la loro fede controversa e chiusa.

Un particolare accentua ancor di più la relazione contraddittoria tra la fede e l’America: il gilet indossato dal cantante durante l’esibizione. Su di esso, infatti, sono state ricamate le parole della Dichiarazione di Indipendenza Americana e, nello specifico, la frase scritta da Thomas Jefferson che recita:

«We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.»

«Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità.»

Il gilet indossato da Bono durante “Exit”. (grazie a U2songs.com)

Una frase che incarna essa stessa la contraddizione americana laddove si pensi ai nativi americani — sterminati al tempo dei Padri Fondatori — e scorrendo i secoli si ripercuote sino ai giorni nostri allorquando l’attuale Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha affermato l’intenzione di espellere dagli Stati Uniti d’America tutti i musulmani (accusati di essere terroristi) e di innalzare un muro con il confine messicano. Lo stesso Jefferson, autore di quella frase nobile sulla Dichiarazione, ebbe profonde controversie personali: egli fu padrone di oltre 200 schiavi  e bollò gli indiani d’America come selvaggi da istruire. La libertà, in America, è solo un fattore soggettivo.

Ma in senso lato si può intravedere un perseguimento di tipo religioso nella politica americana: Dio e l’America sono, in sostanza, un tutt’uno, e i suoi servitori — i politici — non sono altro che sudditi pronti a tutto pur di dimostrare al mondo che Dio è dalla loro parte.

Ecco allora che entra in gioco la figura del politico travestito da televangelista: Bono durante le performance di Exit assume delle movenze molto accentuate ed ammiccanti, donando al linguaggio del corpo un’importanza fondamentale. Esattamente come fanno i televangelisti americani — durante i loro lunghi sermoni televisivi — Bono si avvicina alla telecamera invitando il pubblico a “mettere la mano sullo schermo” («Put your hand against the screen!») per entrare in contatto e unirsi in una catarsi mistica durante la preghiera. Una comunione che si tramuta però in una legittimazione collettiva al potere marcio. Il ruolo di televangelista lo abbiamo già visto durante lo ZooTv dove Bono impersonava MirrorBall Man; ma se il personaggio del 1992 voleva mostrare il lato materialistico dell’America — attraverso l’uso dei valori religiosi — adesso Shadow Man vuole incarnare il lato oscuro del Paese a stelle e strisce, quel lato che persegue i suoi obiettivi porgendo, al contempo, il coltello della violenza e la benevolenza della Bibbia: siamo di fronte al Diavolo che gioca a fare l’Angelo o al prete malvagio che si decanta messaggero di Dio. Lo stesso contrasto di luci e ombre che troviamo nelle mani con i tatuaggi H-A-T-E e L-O-V-E. La stessa sensazione di disagio che si ha leggendo la Dichiarazione d’Indipendenza sapendo da quale pugno fu scritta.

Ma non finisce qui. Il cantante irlandese lega il brano a due snippet ben mirati:

– “Wise Blood”

Bono cita il testo del libro La saggezza nel sangue scritto da Flannery O’Connor nel 1952. Il libro narra le vicende di Hazel Motes che, sulla strada del ritorno verso la sua città nel profondo sud degli Stati Uniti, incontra un predicatore cieco, Asa, che lo persuade a seguirlo. Il giovane Hazel inizia così a diventare egli stesso un predicatore, diffondendo la propria religione denominata “Chiesa della Verità senza Cristo” e iniziando ad addentrarsi in un mondo dapprima sconosciuto e pericoloso.

Il cantante irlandese recita i seguenti versi: «Where you come from is gone, where you thought you were going is never there. Where you are is no good unless you can get away from it». E’ la perdita della percezione terrena per avviarsi verso il fanatismo religioso.

– “Eeny, meeny, miny, moe”

Si tratta di una filastrocca di origine anglosassone — nata nei primi anni del XIX secolo — che grazie ai numerosi flussi migratori verso gli Stati Uniti si è diffusa anche oltreoceano. Esiste sia la versione originale in inglese sia quella americana, ed è quest’ultima che viene recitata da Bono sul palco del The Joshua Tree Tour 2017. A dispetto della sua origine innocente, negli anni la filastrocca si è evoluta sino a diventare una vera e propria cantilena razzista con numerose varianti.

L’intento è chiaro: Bono vuole sottolineare come il razzismo sia stato parte integrante della storia americana e di come, tutt’oggi, esso sia un’arma fondamentale per la sua politica. L’America delle opportunità si fonda su una paura latente dell’altro, basando la propria identità storica sullo sfruttamento di popolazioni ritenute inferiori; tutto ciò fu giustificato dalla politica così come dalla Chiesa, mettendo in evidenza la volontà dei bianchi americani di voler trovare nelle parole di Dio la propria legittimazione.

Di seguito riporterò la versione originale inglese, quella americana, la versione razzista contro le persone di colore e, infine, quella diffusasi durante la Seconda Guerra Mondiale contro i giapponesi.

Versione Inglese

“Eeny, meeny, miny, moe
Catch a baby by the toe
If it squeals let it go,
Eeny, meeny, miny, moe.”
“Eeny, meeny, miny, moe
Prendi un bimbo dal dito del piede
Se urla lascialo andare,
Eeny, meeny, miny, moe.”

Versione Americana

“Eeny, meeny, miny, moe
Catch a tiger by the toe
If he hollers let him go,
Eeny, meeny, miny, moe.”
“Eeny, meeny, miny, moe
Prendi una tigre dal dito del piede
Se urla lasciala andare,
Eeny, meeny, miny, moe.”

Versione Razzista 1

“Eenee, Meenee, Mainee, Mo!
Catch a nigger by his toe!
If he hollers let him go!
Eenee, Meenee. Mainee, Mo!”
“Eeny, meeny, miny, moe
Prendi un negro dal dito del piede
Se urla lascialo andare
Eeny, meeny, miny, moe”

Versione Razzista 2

“Eeny, meeny, miny, moe
Catch a Jap by his toe
If he hollers make him say,
‘I surrender, USA!'”
“Eeny, meeny, miny, moe
Prendi un giapponese dal dito del piede
Se urla fagli dire,
‘Mi arrendo, USA!'”

 
 
 
 

La canzone più oscura degli U2 ritorna quindi sul palco riportandoci indietro nel tempo, ad un mondo in bianco e nero che — esattamente come i film degli anni ‘50 del XX secolo — voleva descrivere una società stilisticamente perfetta in sintonia alle politiche del Presidente Dwight David Eisenhower, atte a dare all’opinione pubblica l’idea di un’America pulita; ma sotto quella patina lucida si nascondono orrori indicibili, contraddizioni dalle radici profonde, dove la mano del bene viene soffocata dalla mano sinistra di Caino, e la giustizia divina si applica attraverso l’ideale malsano di menti deviate.

Le mani dell’amore possono anche distruggere“, potrebbe essere una frase da aggiungere alla Costituzione Americana.

Foto di testata:
Bono alias “Shadow Man” [14 giugno 2017]
Photo By: ©Remy
VIA: U2start.com

Ultimo video:
©Paulo Vetri
Via: U2Legacy.com

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