“11 O’clock Tick Tock” [1980]

Nell’immagine di testata: Gli U2 in Belgio [18 Ottobre 1980] | Photo By: ©Virginia Turbett

“Pensavamo di avere le risposte
Erano le domande ad essere sbagliate”
[“11 O’Clock Tick Tock”]

2Prodotto da: Martin Hannett
Pubblicazione: 16 Maggio 1980
Etichetta discografica: Island Records
Formato: Vinile 7″

Tracklist
1. “11 O’Clock Tick Tock” – 3:44
2. “Touch” – 3:21


Ogni artista è un cannibale, ogni poeta è un ladro. Bono lo sa bene.

Sin dall’inizio della folgorante carriera degli U2 il giovane Paul Hewson aveva la capacità di “assorbire” tutto ciò che riuscisse a far scoccare una scintilla dentro la sua testa. Frasi, parole e immagini erano la linfa vitale per un giovane ragazzino dai capelli rossi in cerca di idee per evadere da un mondo grigio e tetro. La letteratura, così come il cinema, aveva già fatto breccia nel cuore di Bono, e la potenza visionaria della loro unione aveva da sempre affascinato la sua immaginazione.

11 O’Clock Tick Tock — nella sua versione demo conosciuta col titolo Silver Lining –, secondo singolo degli U2 e prima pubblicazione sotto l’etichetta Island Records, nacque proprio da questa unione, con la sola differenza che ad ispirare il titolo non fu un’opera letteraria (come accadde più avanti con Shadows and tall trees, citazione del settimo capitolo de Il Signore delle Mosche di William Golding), bensì si rifà ad un bigliettino che Gavin Friday — storico amico d’infanzia di Bono — lasciò attaccato alla porta di casa Hewson.

Lo stesso Friday ricorda:

«Una volta sono passato a trovarlo da casa sua alle 11 di sera. Quelle visite erano normali. Si bussava alla porta e…fa piano! Sai come succede a sedici o diciassette anni, quando ti ritrovi con gli amici a bere una tazza di caffè e ad ascoltare i dischi mentre i genitori ti gridano di andare a letto. […] Quella sera Bono non era in casa e così gli lasciai un messaggio sulla porta: ‘Sono le 11, toc toc. E’ passato Gav’. Parecchio tempo dopo mi dice: ‘Ti ricordi di quel biglietto che mi hai lasciato? Credo lo userò per un titolo’. E io pensai: ‘Quello è il mio titolo…11 O’Clock Tick Tock (ride). Fu una di quelle cose fortuite che vanno a buon fine.»

In un certo senso, se la canzone la si potesse guardare come se si trattasse di un quadro, il brano è un tentativo — solo in parte riuscito — di raffigurare il movimento punk, un modo per uscire dai canoni predominanti durante la “prima ondata” del 1977 e, finalmente, trovare la tipica componente auto-distruttrice dentro al movimento giovanile per isolarla ed allontanarla. Pur essendo influenzati dal sound dei gruppi punk, i quattro ragazzi irlandesi avevano scorto un delirante gusto per la decadenza che stava contaminando tutta la scena musicale di fine anni ’70, e che li avrebbe portati, da lì a poco, a una netta condanna dell’atteggiamento del rock britannico.

Bono dichiarò all’epoca:

«Violenza fasulla, ragazzini di buona famiglia con le spille da balia infilate nel naso (anche io per un minuto sono stato come loro): non era affatto credibile. I Sex Pistols sono stati una truffa bell’e buona, una scatola di trucchi venduta da Malcolm McLaren. Ai giovani veniva spacciato un immaginario di violenza che si è trasformato però sul serio in realtà di violenza.»

Bono allude al deplorevole spettacolo di Sid Vicious che si tagliuzza il petto di fronte agli spettatori a Dallas, appagato dalla sua devianza autolesionista che lo porterà, mesi dopo, ad uccidere la fidanzata Nancy Spungen prima di togliersi la vita per overdose.

Quel promettente titolo, scritto su un foglietto di carta, trovò la sua canzone durante un concerto dei Cramps — gruppo punk statunitense — a cui Bono assistette dalla balconata dell’Electric Ballroom. Il cantante degli U2 rimase totalmente infastidito dall’atmosfera funerea che si respirava nel locale e, più in generale, del movimento dark:

«Il locale era pieno di candele, ‘Voodoo’ era la parola d’ordine; l’atmosfera era da messa nera e pensai di trovarmi a una festa notturna di improbabili modaioli. C’era un senso di perdizione nei loro volti. Era colpa del trucco sepolcrale: visi bianchi, occhi neri, roba di cui i miei amici dei Virgin Prunes erano immersi fin sopra le loro sopracciglia dipinte. Sembrava la fine del mondo. Per un ragazzino di diciannove anni della periferia di Dublino, era come se non ci fosse vita là dentro.»

Ma la rabbiosa critica degli U2 non si fermava solamente al gusto depressivo del punk, era rivolta soprattutto alla sua componente “settaria”, alla sua cerchia di elitarismo che richiedeva certi prerequisiti per essere inquadrati nella cerchia dei punkettari:

«per essere hip dovevi vestirti in un certo modo, agire di conseguenza e scrivere un determinato tipo di canzoni. Noi cocciutamente, orgogliosamente, dichiaravamo di non essere disposti a prendere la stessa posizione degli altri gruppi e ad assumere l’atteggiamento di moda in quel momento: cioè sguardo fisso in basso, nessun movimento sul palco, una messinscena stanca, con un sacco di canzoni piene di testi assolutamente impenetrabili che probabilmente non significavano niente. Noi eravamo degli sfigati perché eravamo caldi, tutt’altro che imperturbabili e dal vivo esplodevamo»,

ricorda Edge sottolineando il fatto di come Bono si lasciasse letteralmente andare sul palco, eseguendo salti dall’impianto di amplificazione sino a perdere totalmente il controllo urlando “Questi li indosso per voi!” riferendosi ai pantaloni alla moda mentre li slacciava, inveendo contro la moda standardizzata che la Gran Bretagna cercava di inculcare. Era proprio ciò a cui alludeva il titolo della canzone (e la copertina del singolo): 11 O’Clock, le undici in punto, un’ora alla fine del giorno, siamo agli sgoccioli; mentre il punk si perdeva in pose plastiche e look androgini il tempo andava avanti inesorabile, segnando la fine, senza che nessuno ci facesse caso.

Martin Hannett
Martin Hannett

Il singolo fu l’unico della discografia degli U2 ad essere prodotto da Martin Hannett — storico produttore dei Joy Division — che, nelle prime intenzioni della band, doveva essere anche il produttore del loro primo album, Boy. Martin arrivò da Manchester stabilendosi a casa di Paul McGuinness che ricorda,

«era piuttosto lunatico. Una volta ricordo che uscì dal bagno del mio appartamento in Waterloo Road con in mano una bottiglia di sciroppo per la tosse, o qualcosa del genere. ‘E’ legale questa roba in Irlanda?’, mi domandò, e trangugiò svelto l’intero contenuto della bottiglia.»

Hannett non fu per niente soddisfatto dei mezzi tecnici messi a disposizione dagli studi di Windmill Lane, perciò pretese che venissero noleggiati delle attrezzature speciali da Londra, «Sembrava il Dr. Who», ricorda Bono, «era fissato con la tecnologia, prima di Brian Eno ci fu Martin» ma, col senno di poi, bisognerà ammettere che Hannett non era per niente costante. Perennemente strafatto di marijuana ed alcool non sarebbe stato in grado di portare sulle spalle il gravoso peso di produrre l’album di debutto degli U2: band che avendo già le idee ben chiare su come dovesse essere il loro sound, pur essendo giovanissimi, aveva bisogno di un produttore paziente, capace di indirizzare e incoraggiare la ricerca musicale dei quattro ragazzi assecondandone le ambizioni. Martin si tirò indietro proprio alla vigilia delle registrazioni di Boy totalmente devastato, lavorare con gli U2 era un impegno troppo faticoso per lui in quel momento. Ma il lavoro che svolse per 11 O’Clock Tick Tock e Touch presenta degli elementi interessanti che riuscirono a far ottenere alle canzoni un’atmosfera sospesa ed eterea. Hannett aveva un metodo particolare di registrare la batteria facendo passare il rullante attraverso un effetto, il Time Modulator, che ne rendeva il suono compatto ma carico di riverbero, lezione che aveva imparato dai Joy Division, accentuando il carattere mistico che la canzone porta con sé.

Edge, dal canto suo, tirò fuori un riff azzeccatissimo — riff che fu addirittura oggetto di controversia con un’altra band dublinese, gli Atrix, che ne rivendicarono la paternità sostenendo che lo crearono loro per prima — che rivelò ancor di più la sua bravura nel ricercare melodie con la sei corde. A ciò si aggiunse il già presente eco Memory Man che, al pari di A day without me, diede carattere al brano plasmandone i contorni e creando un background sonoro che si espande sotto la voce di Bono, sorreggendone le linee melodiche.

Adam e Larry ebbero notevoli difficoltà a registrare la canzone, in quanto tutta la parte ritmica non riusciva ad andare a tempo per via di un continuo cambio dei BTM (battiti al minuto) man mano che la canzone veniva suonata, indice di inesperienza e insicurezza del gruppo. Hannett propose a Larry di usare il click — un traccia di metronomo da mandare in cuffia come riferimento — ma il giovane batterista non lo aveva mai usato sino ad allora, risultando impacciato nell’esecuzione e riuscendo, solo dopo ore e ore di lavoro, a registrare una base guida per le successive registrazioni di basso, chitarra e voce. «Alla fine la canzone ha più il suo suono che il nostro» rivelò Bono, ma il tutto possiede già un carattere ben delineato.

Il testo è un criptico disegno astratto sulla “non-appartenenza” alla moda punk. Bono canta del concerto dei Cramps descrivendone il locale “E’ freddo fuori/Fa così caldo qui dentro/Ed i ragazzi e le ragazze si scontrano/Con la musica che ho nelle orecchie” accennando al pogo dei ragazzi — pratica che si dice abbia inventato Sid Vicious — e alla musica punk che imperversava nelle sue orecchie. Subito dopo, però, affonda una dura critica “Sento i bimbi che strillano/E so che è ora di andare/Io sento i bimbi che strillano/Portami a casa” dove i bambini non sono altro che i musicisti, piccoli esseri urlanti che si dimenano sul palco strillando parole e frasi senza troppo senso, limitandosi a dare quella facciata di “ribelli” che Bono ha sempre odiato, come da lui stesso sostenuto in queste parole dell’epoca, «Siamo contro la pigrizia, siamo contro l’apatia. Non ho tempo da perdere con i ribelli occasionali», tematica che riprenderà due anni dopo nel brano Like a song…, scagliandosi proprio contro la “generazione senza nome” che vuole risultare a tutti i costi ribelle in un mondo dove il conservatorismo degli anni ’50 e ’60 era praticamente morto.

Ma la strofa centrale della canzone è “Un viso dipinto/E lo so che non ne abbiamo per molto/Pensavamo di avere le risposte/Erano le domande ad essere sbagliate” dove Bono descrive come il movimento punk si sia ridotto a un giochino teatrale, rimarcando la criticità del tempo che scorre, e sottolineando l’illusione che esso stesso ha generato, identificandosi come la risposta ai problemi quando, invece, erano le domande ad essere sbagliate. Tutto l’atteggiamento del punk-rock si dimostra quindi un insulso apparire, una primitiva ZooTv, fatta di contraddizioni che ne inquinano i valori e gli slogan rivendicati.

Alla fine la canzone non fu così incisiva come se l’era immaginata Bono:

«Non sapevamo suonare molto bene. Le canzoni non erano un granchè e io non avevo idea di cosa fosse un distico. Non avevamo la camminata giusta, nè il taglio di capelli adatto. Non eravamo certo un gruppo in linea con la moda. Ma sapevamo una cosa – o perlomeno sentivamo istintivamente – che un artista è interessante e importante per i nuovi colori che sa trovare»

Il brano è il primo tentativo della band di comporre musica dipingendo sensazioni e colori, pratica che poi troverà il suo massimo splendore con The Unforgettable Fire e l’epoca d’oro dell’accoppiata Eno-Lanois.

Il lato B del singolo, Touch — la versione demo si intitolava Trevor — possiede le stesse caratteristiche musicali appena descritte per 11 O’Clock Tick Tock risultando però una canzone più “fanciullesca” rispetto alla controparte sul lato A. La canzone parla di un semplice, quanto primordiale, bisogno di contatto fisico con il sesso femminile, affondando però il tutto in una densa atmosfera agrodolce. La chitarra di Edge, insieme alla malinconica linea vocale del ritornello, delineano un mood decadente dove l’amore, e il sesso, vengono descritti con innocente superficialità.

Il singolo non riscosse molto successo nelle classifiche di vendita, ma i suoi brani furono una colonna portante di tutti i live della band sino al 1983, soprattutto 11 O’Clock Tick Tock che divenne un inno trascinante — la considero una sorta di Bad primordiale — con Bono che spesso invitava una ragazza sul palco a ballare con lui. L’apice fu raggiunto con l’esibizione al Red Rocks dove il brano acquisì la sua forma definitiva con una performance suggestiva da parte della band, caratteristica che portò il produttore Jimmy Iovine — incaricato di “setacciare” i nastri del War Tour — a sceglierla per far parte dei brani del mitico EP live Under a blood red sky.

Il 21 Agosto 2001 — durante il concerto di Londra dell’Elevation Tour — il brano fece la sua ultima apparizione all’interno di un tour mentre, il 28 Maggio 2015, la band lo riportò sul palco per un concerto speciale al The Roxy Theatre a Los Angeles.

Touch invece fu suonata solamente una trentina di volte tra il Boy Tour e l’October Tour. L’ultima esibizione fu il 6 Giugno 1981 al Friars Club di Londra.

11 O’Clock Tick Tock

“E’ freddo fuori
Fa così caldo qui dentro
Ed i ragazzi e le ragazze si scontrano
Con la musica che ho nelle orecchie

Sento i bimbi che strillano
E so che è ora di andare
Io sento i bimbi che strillano
Portami a casa

Un viso dipinto
E lo so che non ne abbiamo per molto
Pensavamo di avere le risposte
Erano le domande ad essere sbagliate

Sento i bimbi che strillano
E so che è ora di andare
Io sento i bimbi che strillano
Portami a casa

Canzone triste, canzone triste
Canzone triste, canzone triste

La, la, la, la…

Canzone triste, canzone triste
Canzone triste, canzone triste

Invoco il tuo nome
Invoco nel peccato
Invoco il tuo nome
Invoco
E’ meglio che invochi
Chiama, chiama, invoca”


“Touch”

Grazie, non c’è di che
Piacere d’incontrarti
Non penso di essere molto bravo in questo
Lascia che ti spieghi, voglio solo sapere, voglio solo sapere

Cadendo… il mondo è al tuo fianco
Gridando… per trovare un nascondiglio
Voglio solo sapere
Voglio solo sapere

Lei disse “Il ventiduesimo piano”
Io dissi “Non riesco a capire a cosa serva”
E voglio solo sapere
Voglio solo sapere

Toccando te, toccando te, etc.

Words by: Bono
Music by: U2
Traduzioni da: U2/AncheTu!

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